Comunicazione fai da te? Attenti ai gattini!

Lo scorso 14 giugno, il ministro dell’informazione Pakistano, Yousuf Shaukat Zai, si è presentato al mondo nel corso di una conferenza stampa con un look piuttosto originale. Il politico, infatti, è apparso sugli schermi degli smartphone e sui PC di migliaia di persone con naso, baffi e orecchie da gattino.

La clamorosa gaffe, immortalata da numerosi utenti e rilanciata su tutti i social, a quanto pare è dovuta a una semplice dimenticanza: l’operatore che ha avviato la diretta Facebook non si è accorto di aver attivato un filtro “gattesco” sul suo telefono.

L’episodio, di per sé, è buono per suscitare qualche risata, ma dovrebbe far riflettere sull’opportunità di utilizzare strumenti di comunicazione mainstream in ambiti istituzionali o professionali. Proviamo a immaginare quale possa essere l’effetto di un incidente simile nel corso di un annuncio di un’OPA in borsa, o durante l’illustrazione dei risultati trimestrali di una grande azienda.

Ma il rischio di un auto-sabotaggio simile a quello sperimentato da Zai non è l’unica buona ragione per orientarsi sull’implementazione di strumenti di comunicazione aziendali con un alto livello di professionalità. La cronaca recente, infatti, registra episodi sempre più frequenti di “down” dei sistemi di comunicazione più diffusi.

L’ultimo in ordine di tempo, che chiarisce anche quali sono le dinamiche all’origine di questi black-out improvvisi, si è verificato ai danni di Telegram in concomitanza con le proteste di Hong Kong, quando i sistemi della società che gestisce la rete di comunicazione su cui poggia l’app di messaggistica è stata presa di mira con un attacco DDoS proveniente (pare) dalla Cina.

Insomma: affidare le proprie comunicazioni aziendali a strumenti inadeguati è un errore che possiamo pagare caro. Non solo per la sindrome del gattino.

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