Ultima chiamata per la cyber security

Secondo i dati dell’Interpol, pubblicati lo scorso agosto, la crisi legata alla pandemia di Covid-19 ha portato a una crescita esponenziale del cyber crimine. I dati dell’agenzia parlano chiaro: nei primi mesi del 2020 i siti malevoli sono aumentati del 22%, i malware del 36%, frodi e attacchi di phishing addirittura del 59%. I motivi sono due: il primo riguarda il fatto che un impressionante numero di persone ha cominciato a utilizzare Internet non solo per comunicare, ma anche per fare acquisti online e accedere a servizi cui prima accedeva “in presenza”. Persone che non hanno l’abitudine a utilizzare strumenti digitali e, tantomeno, sono in grado di riconoscere le minacce online. Il secondo riguarda più strettamente le aziende, ma segue un copione simile. Molte imprese hanno implementato a tempo di record gli strumenti indispensabili per proteggere i servizi che consentono, per esempio, il lavoro in remoto. Lo spostamento su digitale di molte attività che un tempo avvenivano attraverso rapporti diretti, però, continua ad avere un impatto notevole anche sull’incidenza che il cyber crimine ha nel mondo aziendale.

Il boom di truffe e cyber attacchi (ransomware in testa) è infatti imputabile al semplice fatto che l’aumento delle attività online rappresenta una conseguente espansione della superficie di attacco a disposizione dei pirati informatici. Per arginare quella che l’Interpol ha definito “una crescita di una velocità allarmante”, l’unica soluzione è quella di mettere la cyber security al primo posto tra le priorità per proteggere (e far crescere) il business. Mancare questo appuntamento, infatti, può essere un errore fatale. Non solo per le singole imprese, ma per tutto il tessuto produttivo.

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