L'importanza della bassa latenza

La crescita esponenziale nella domanda di dati sta mettendo in difficoltà qualsiasi unità SSD (Solid State Drive) anche se ad alte prestazioni, creando aumento di latenza e conseguente diminuzione delle prestazioni e perdite tangibili e intangibili per ogni azienda. Questo a causa dei protocolli tradizionali SAS (Serial Attached SCSI) e SATA (Serial Advanced Technology Attachment) non più sufficienti a fornire le velocità necessarie a smaltire il traffico. Viene in aiuto l’NVMe (Non-Volatile Memory Express), il nuovo protocollo di archiviazione sviluppato appositamente per gli SSD e che diventerà parte integrante di molti data center nel prossimo futuro, migliorando decisamente la velocità di accesso al dato. Riducendo la latenza da 200 μs a 30μs (0,03ms), aiuta il server ad accedere più velocemente alle informazioni, grazie al fatto che il suo set di comandi ha bisogno di un numero molto ridotto di istruzioni per elaborare le richieste di I/O rispetto al passato.

Numerose sono le applicazioni che richiedono la velocità del protocollo NVMe, dai Database relazionali intensivi, alle AI che puntano tutto sulla velocità, fino all’HPC (High-Performance Computing) dove le unità SSD NVMe possono essere utilizzate per il trading ad alta frequenza. Ma non di meno le funzioni di virtualizzazione, sempre più popolari, e che con NVMe consentono un maggior numero di macchine virtuali o Edge Computing al quale servono elevata trasmissione di dati, connessione multi dispositivo e latenza ridotta. NVMe, insomma, appare come l'unica soluzione praticabile per utilizzi ad alta domanda e intensità di calcolo.

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