La UCC come una risorsa nei momenti di crisi

L’emergenza legata alla diffusione del coronavirus sta mettendo a dura prova il sistema globalizzato al quale ci siamo ormai abituati. La cronaca, spesso con toni anche inutilmente allarmistici, riporta di un rallentamento (se non di un blocco) degli spostamenti da un paese all’altro, con alcuni clamorosi casi di annullamento di eventi come il World Mobile Congress di Barcellona. Non è la prima volta che accade qualcosa di simile e non è la prima volta che la reazione delle persone coinvolte è quella di ricorrere a strumenti “alternativi” come i sistemi di videoconferenza.

Un caso simile è stato quello dell’eruzione del vulcano Eyjafjöll in Islanda nel 2010, che bloccò il traffico aereo tra Europa e le Americhe per settimane. Anche in quel caso, gli esperti segnalarono un aumento nell’utilizzo di sistemi di comunicazione di nuova generazione. Questa volta, però, ci sono delle differenze. Prima di tutto perché il panorama attuale, in cui l’elevato livello di mobilità delle persone non interessa solo il mondo del business, sta portando a una sperimentazione di queste tecnologie in ambiti molto diversi. Il secondo è che non si tratta più di semplici videoconferenze, ma di sistemi di comunicazione e collaborazione anche molto complessi.

In Cina, per esempio, la maggior parte degli studenti sta seguendo le lezioni attraverso sistemi di e-learning predisposti per l’occasione dalle autorità governative. Il tutto, a ben vedere, è possibile grazie alla capacità a livello infrastrutturale di predisporre in tempi rapidi sistemi di comunicazione con funzionalità anche molto specializzate, che fa leva sull’esperienza e le capacità tecniche degli operatori del settore. Strano doversene accorgere solo quando ci si trova di fronte a un’emergenza.

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