Violazione dei dati: il pericolo numero uno

La più grande perdita di dati segnalata fino ad oggi è stata quella di Cam4, con oltre 10 miliardi di record esposti. Segue a ruota Yahoo con tre miliardi di account e Aadhaar, con circa 1,1 miliardi di dati esibiti. Al loro interno possono esserci informazioni biometriche, come numeri di identificazione e scansioni di impronte digitali che potrebbero essere utilizzate per aprire conti bancari e ricevere aiuti finanziari, o per tanti altri servizi governativi e non.

Del resto le aziende e le istituzioni pubbliche hanno aumentato la loro dipendenza dalla tecnologia per raccogliere analizzare e archiviare i dati personali, causando un’impennata del numero di crimini informatici focalizzati sul furto di identità. Basti pensare che solo negli Stati Uniti, nel 2022, sono state segnalate 1506 violazioni, in netto aumento rispetto ai 498 casi denunciati un decennio prima. I detentori di questi dati, i cosidetti “Big Tech” sono sempre di più oggetto di attenzione per quanto riguarda la privacy dei dati e le questioni etiche e -solo per citarne uno- Google è stato destinatario non di una, ma di una serie di multe antitrust da parte dell’UE sul tema della violazione dei dati. Cresce anche lo scetticismo rispetto alla sicurezza dei record a tutti i livelli, l’aumento degli ad-blocker, delle VPN e dei motori di ricerca per la privacy dimostra il desiderio di proteggere le informazioni sensibili. Non esiste una ricetta univoca per risolvere il problema, tutto passa prima di tutto per una maggiore consapevolezza e una gestione proattiva dei rischi così da proteggere sistemi e informazioni da attacchi sempre nuovi e più insidiosi.

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